Saturday, May 12, 2007

Finestra con Nasone

Freddy si staccò la testa e la mise sul comodino, accanto la sveglia che tintinnava le 3. Guardò le serrande tirate su e pensò che la mattina seguente il sole lo sarebbe andato a svegliare, e che forse sarebbe stato saggio creare una situazione buia, senza luna nello sguardo, senza lanterne a sfilacciare il nero del sonno. Tuttavia non lo fece e si accartocciò nel letto a riveder le stelle, che erano belle, luccicanti, riflessi di brillantina nel panno soffice della sera. Freddy non aveva voglia di dormire, piuttosto il bisogno di uscire a respirare. Mischiarsi agli uccelli, alle foglie, pannamontarsi come le nuvole (quadri appesi al cielo), soffiarsi sulle candeline di un compleanno, nelle vele spiegate di un vascello. Freddy avrebbe voluto andarsene affanculo da qualsiasi altra parte, con un altro aspetto, sotto mentite spoglie, suonarsi altrove sotto la forma inedità di ritornello di una canzone. Non che lì stesse male, non che lì stesse bene, non che non se ne potesse fare a meno, sia di restare, sia di partire. Una certa inquietudine - quella si - un certo prurito esistenziale, -anche quello si- un certo pungolìo dietro la schiena che spinge a non fermarsi mai, anche anche questo si. Freddy avrebbe gradito il lusso della pigrizia mentale, che spinge a pensieri lenti, misurati e lascia un pò in pace, ed a un certo punto si tace. Solita storia dunque, solito finale, senza, a ben vedere, ne insegnamenti ne morale.

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