Friday, August 18, 2006

Pornojazz

Sarà stata, che so, la metà di agosto. Faceva già meno caldo, si stava abbastanza bene. In mattinata dalle stanze di casa non s'era udito altro suono che un cicaleccio giallo e bruciato, nascosto oltre ogni orizzonte visibile. Verso l'ora di pranzo s'erano messi in giardino, per un aperitivo. Sul tavolino, sotto l'ombrellone, c'era solo una bottiglia di champagne marca Kristal, semivuota. Peppe Milano aveva detto "Relax", come dicono sempre i grassoni, e se ne stava in mutande, assopito, su una sdraio. Rocco Sifaredi aveva detto "Fitness" e ora infrangeva la quiete estiva col frullio insistito della sua chitarra nuova. Suonava mille note al secondo, una più bella dell'altra. Gli piaceva correre, a Rocco. Era un funambolo, e che funambolo.
"La pianti di rompere i ppalle o no?", fece Peppe con pesante accento campano, stravaccato a bordo piscina con in mano una flute di cremosissimo sciàmbagn.
"Peppe, lo sai che ti dico?" ribatté Rocco con voce di bimbo capriccioso - "stasera suono con te solo se facciamo Teen Town a treessessanta di metronomo". Taque qualche secondo, attendendo di sottecchi la reazione di Peppe, poi aggiunse: "e basta". Frattanto si limava le unghie d'una mano sulla lampo dei jeans e con l'altra eseguiva cromatiche in legato, agitando di tanto in tanto la sua Blade rosso fuoco a guisa di nunchaku.
"Tu lo sai" ribatté quietamente Peppe, stravaccato a bordo piscina con in mano un'altra flute di cremosissimo sciàmbagn, "tu lo sai, io a te ti voglio bene, Rocco". Un sussulto lo scosse dal basso, portò il dorso della mano alle labbra, ruttò con un certo savoir faire. Per un attimo ebbe lo sguardo di Aldo Fabrizi, poi tornò a socchiudere gli occhi.
L'interlocutore presagiva il peggio e di scatto distolse l'attenzione dalla manicure, seguitando a far volteggiare la Blade. "Eh" - si rivolse corrucciato al grassone - "e allora?".
Da par suo Peppe pareva assai rilassato: "Ti voglio bene come un fratello, che dico, come un... un..." - schioccò ripetutamente le dita assumendo un aria concentrata, cercando la parola giusta - "come un fratello, Rocco. E tu lo sai. Ma stasera, se vuoi suonare, Teen Town si fa almeno a quattroeqquarantotto, come l'altra volta, sennò resti a casa e io mi sparo tutto il repertorio di Bovio e Lama con Angie, basso e voce. Tanto lo sai, al pubblico di Villa Abbondanzieri basta che gli metti in mano un verre di Frascati Superiore e si emozionano anche con Pippo Franco".
"Ah, è così?" - fece Rocco, con aria di sfida - "è così? Allora, se ti regge la pompa, facciamola a seiessettantanove come quella sera al Crazy Horse. Avevamo fumato il freebase di Roger, ti ricordi?".
Frankie, impassibile, inghiottì l'ultima scolatura di Kristal direttamente dalla bottiglia, attese qualche secondo, poi chiese ruttando: "Chi è il batterista?".
Sul volto di Rocco affiorò un ghigno gelido - "E' Frankie" - disse compiaciuto - "Frankie Bruslì".
"Angie!!" - urlò all'istante Peppe con tutta la voce che aveva in corpo - "Angieee!" - e schiantò la bottiglia vuota al suolo. La donnina apparve, col suo sorriso immoto e lo sguardo perso, zompettando, ancheggiando ed emettendo gridolini al ritmo dei passi: "Ih-ih-ih!". Subito Peppe le ordinò: "Angie, chiama Roger, Roger Dragonetti, e digli di farci consegnare un chilo di farina di quella che sa lui. Anzi, non gli dire un chilo di farina, digli una busta di bon bon. Entro le nove!". La donnina scomparve e riapparve qualche istante dopo. "Fatto. Dice che non c'è problema, manderà uno dei ragazzi nel pomeriggio", disse col sorriso immoto e lo sguardo perso.
Poi Peppe, rivolto a Rocco: "Stasera strippiamo. Proviamo il numero?". Gli altri non se lo fecero ripetere. Rocco cacciò fuori da chissà dove la ricarica dello Zippo e innaffiò il corpo della chitarra; poi le diede fuoco con un gesto da prestigiatore e riprese a farla volteggiare, scaldandosi le dita con uno sweep-picking da far accapponare la pelle. Angie si spogliò un po' alla volta facendo smorfie incredibili. Peppe entrò in casa correndo e ne uscì subito dopo, sudatissimo, col suo enorme basso in una mano, il metronomo nell'altra. Lo assestarono sui seicentottantuno al minuto. Nel frattempo Angie s'era messa in posizione per provare il numero.


Quella sera si sarebbe riscritta la storia del Jazz.

2 comments:

sgamas said...

ovvero di come il jazz possa diventare un meccanismo odioso e masturbatorio..

sgamas said...

ah, benvenuto anche a te..amico Higuerra